Il rischio professionale in odontoiatria: sei davvero al sicuro?

“Ho fatto tutto bene. Eppure mi hanno querelato!”
Se fai questo mestiere da un po’, conosci bene quella sensazione. Arriva quando ricevi una raccomandata, una diffida, una chiamata inaspettata. E mentre cerchi di ricordare ogni dettaglio del caso contestato, ti rendi conto che non basta essere un buon professionista.
Essere bravi oggi non basta più.
Perché il vero problema non è l’errore: è quando il paziente pensa che tu abbia sbagliato e la legge, purtroppo, non è sempre dalla tua parte.
Un contesto cambiato (e non ti hanno avvisato)
Negli ultimi anni, il numero di procedimenti contro odontoiatri è aumentato.
I pazienti sono più informati, i legali più aggressivi, e la giurisprudenza ha adottato criteri di giudizio più severi nei confronti dei professionisti sanitari.
Da un’indagine Eurispes, analizzando il dettaglio dei settori specialistici interessati, emerge che il settore coinvolto più spesso è ortopedia (16,3%), seguito da chirurgia (13,2%) e da infettivologia (11,7%); l’odontoiatria si colloca al quarto posto con il 6,7% dei casi, chirurgia plastica ed oncologia sono coinvolti nel 5% dei casi, immediatamente seguite da cardiologia (4,7%), neurochirurgia (4,5%) e ginecologia (4,2%). Tutti gli altri settori ottengono percentuali inferiori.
Ecco il punto che in pochi ti spiegano:
Il rapporto tra te e il paziente è un contratto. Anche se non firmate nulla. Anche se non c’è un modulo. Anche se tutto si limita a un “Venga martedì alle 15”.
La legge considera “contrattuale” il tuo obbligo verso il paziente anche in assenza di un documento scritto. Basta che tu abbia accettato di curarlo. Punto. E questo cambia tutto.
Perché in ambito civile, se esiste un rapporto contrattuale, l’onere della prova è tuo. Sempre.
Se il paziente lamenta un peggioramento dopo le cure, deve solo dimostrare:
- Che c’è stato un rapporto (anche solo verbale)
- Che è peggiorato
A quel punto, la legge presume che tu abbia sbagliato e tocca a te dimostrare il contrario: che hai fatto tutto correttamente, secondo scienza e coscienza, linee guida e buon senso.
Se non riesci a dimostrarlo, perdi. Anche se hai lavorato bene.
CASO 1 – Protesi definitiva su impianti con perimplantite precoce
Una riabilitazione implantoprotesica viene completata in uno studio privato dopo un innesto osseo ospedaliero. Dopo pochi mesi, si verifica una perimplantite che compromette tutto il lavoro.
La difesa dell’odontoiatra non regge: mancano i controlli radiografici intermedi. Il giudice condanna il professionista per imprudenza e imperizia nella fase protesica: “Non aver verificato il riassorbimento osseo in fase di prova costituisce condotta colposa”.
E se passi dal civile al penale, la situazione è anche peggiore.
Sì, peggiore. Perché in un processo penale, sei tu l’imputato e, anche se vinci, perdi.
Nel penale, la regola è: chi accusa deve dimostrare la colpa “oltre ogni ragionevole dubbio”. Bene, ma… anche se vieni assolto, le spese del tuo avvocato restano a tuo carico. Nessuno te le rimborsa e sono sempre spese elevate.
Nel civile, invece, in caso di vittoria il giudice può decidere di compensare le spese: ognuno paga le proprie. Oppure potresti trovarti a dover risarcire il danno e a pagare anche le spese dell’altra parte.
Morale? In entrambi i casi, ci rimetti. In soldi, in tempo, in serenità.
CASO 2 – Inserimento di impianti da parte di odontotecnico
In uno studio, un odontotecnico “collaboratore” esegue un controllo e adatta una protesi. Il paziente si rivolge al legale. L’odontoiatra viene denunciato per concorso in esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.).
Anche se non era presente durante l’atto, viene ritenuto responsabile per non aver vigilato.
L’assicurazione? Non copre. Perché l’atto è stato eseguito da una figura non abilitata.
E se pensi che “tanto a me non succede”, ti invito a fare un esercizio:
Apri un cassetto. Guarda la tua documentazione clinica.
Hai un consenso firmato per ogni paziente? Hai archiviato radiografie, fotografie, prove?
Hai protocolli aggiornati per le emergenze, per il risk management, per la sterilizzazione?
Se anche solo una di queste risposte è “no”, sei esposto.
Il problema non è la colpa.
Il problema è che non sai come dimostrare di non averne.
La strategia che ti serve viene prima della polizza.
La polizza è importante. Ma da sola non basta.
Deve essere costruita su misura, dopo un’analisi vera del tuo rischio. Devi sapere cosa copre e, soprattutto, cosa esclude.
E prima ancora, devi capire quali sono le zone oscure del tuo studio:
- Chi può fare cosa
- Come documentare correttamente
- Quando scatta la responsabilità
- Quali errori si ripetono nelle cause odontoiatriche
CASO 3 – Frattura multipla di impianti prima del carico
Una paziente viene riabilitata con protesi su 4 impianti. Durante le prove, tutti gli impianti si fratturano.
Il giudice individua un difetto di progettazione nel sistema implantare (spessore critico di 0,3 mm).
L’odontoiatra, avendo mantenuto documentazione dettagliata e fotografie delle fratture, chiama in causa il produttore e ottiene una sentenza favorevole.
Morale? Senza quelle prove, sarebbe stato lui a pagare tutto.
Hai due strade davanti.
- Continuare a lavorare sperando che non succeda nulla.
- Fermarti un attimo. Chiederti cosa rischi davvero e iniziare a costruire una difesa solida, fatta di consapevolezza e prevenzione.
Il nostro consiglio? Prima di cercare una polizza, cerca una strategia.
Un professionista che ti ascolta, ti analizza e ti accompagna. Che non ti vende un prodotto, ma ti costruisce una protezione. Che ti aiuta a capire prima, per evitare di dover spiegare dopo.
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Meglio un confronto oggi, che una citazione in giudizio domani.
Perché il vero rischio, oggi, è non sapere cosa rischi.









