Sicurezza delle cure e responsabilità sanitaria: cosa ogni poliambulatorio dovrebbe sapere sulla Legge Gelli-Bianco

Quando la sicurezza diventa responsabilità concreta
Viviamo in un’epoca in cui l’efficienza delle strutture sanitarie non si misura solo in termini di prestazioni erogate, ma anche nella capacità di prevenire il rischio clinico. La Legge Gelli-Bianco, entrata in vigore nel 2017, ha segnato un passaggio chiave in questo senso: non basta più “fare del proprio meglio”. Occorre dimostrarlo, documentarlo e – soprattutto – organizzarlo.
Per i poliambulatori, questo significa ripensare il proprio approccio alla responsabilità sanitaria, non più come un’eventualità da gestire a posteriori, ma come parte integrante della qualità dell’assistenza. Eppure, dopo anni dalla sua approvazione, la piena attuazione della legge resta incompleta, e molte strutture si muovono ancora senza una bussola chiara.
La domanda da porsi oggi non è: “Siamo coperti?”
Ma piuttosto: “Siamo realmente pronti a rispondere, prima ancora che accada?”
La responsabilità oggi è in capo alla struttura: perché i poliambulatori non possono più permettersi leggerezze
C’è un aspetto che chi gestisce un poliambulatorio non può più permettersi di ignorare: con l’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco, la responsabilità principale non ricade più sul singolo medico, ma sulla struttura sanitaria.
Questo cambiamento, spesso sottovalutato, è in realtà uno dei fulcri della riforma. Oggi, in caso di danno al paziente, la prima figura chiamata a rispondere è la struttura, non il professionista. Che si tratti di un medico assunto o di un collaboratore a partita IVA, la sua responsabilità resta marginale, limitata a casi di dolo o colpa grave. E anche in quei casi, c’è un tetto: la responsabilità economica massima non può superare tre volte la sua retribuzione annua lorda.
Cosa significa questo nella pratica? Che il peso economico, legale e reputazionale di un evento avverso – anche se causato da un singolo operatore – ricade in larga parte sul poliambulatorio e questo rende la valutazione della copertura assicurativa della struttura un punto critico, non accessorio.
Non basta “essere assicurati”: occorre sapere come si è assicurati. Le recenti norme impongono massimali minimi, procedure interne di gestione del rischio, obblighi di trasparenza e, in alternativa alla polizza, meccanismi di autoassicurazione che però richiedono riserve certificate e funzioni specializzate.
Inoltre, con l’introduzione dell’“azione diretta”, il paziente danneggiato può rivolgersi direttamente alla compagnia assicurativa della struttura. Se questa non è adeguatamente coperta – o peggio, se non ha rispettato i requisiti minimi richiesti – le conseguenze possono diventare ingestibili, sia in termini economici che di continuità operativa.
Molti poliambulatori, purtroppo, si muovono ancora su questo fronte con approcci frammentari o modelli assicurativi standard, spesso lontani dalle reali esigenze di tutela. Eppure, la gestione del rischio oggi è parte integrante della qualità delle cure. È una garanzia per chi lavora e per chi si affida a quella struttura.
La Legge Gelli-Bianco ha cambiato le regole del gioco: ora il paziente gode di una presunzione di colpa a carico della struttura e ha dieci anni di tempo per agire. La struttura, per difendersi, deve dimostrare di aver agito secondo linee guida aggiornate, con personale formato e processi documentati. Non basta dire “abbiamo fatto tutto il possibile”: bisogna provarlo.
Per chi dirige un poliambulatorio, questo significa una cosa sola: serve un approccio consapevole e sistemico al rischio. Non per paura di una denuncia, ma per il rispetto del lavoro quotidiano e della fiducia che ogni giorno i pazienti ripongono in voi.
C’è un punto fermo che chi gestisce un poliambulatorio non può più ignorare: dopo l’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco, la responsabilità per eventuali danni arrecati al paziente non grava più – o comunque non prioritariamente – sul singolo medico. È la struttura sanitaria, oggi, ad assumersi il carico principale.
In altre parole, anche quando l’errore materiale è del professionista, la responsabilità civile – quella che comporta il pagamento del danno – è della struttura. Questo cambia tutto. Significa che oggi, più che mai, l’organizzazione interna, la formazione, la documentazione delle procedure e l’adeguatezza della copertura assicurativa non sono più elementi “di contorno”. Sono il cuore della tutela giuridica ed economica del poliambulatorio.
Molti gestori di strutture sanitarie, purtroppo, continuano a sottovalutare le implicazioni reali di questo scenario. Spesso si limitano a stipulare una polizza assicurativa “di base”, magari consigliata dalla compagnia di fiducia, senza entrare nel merito dei massimali, delle esclusioni, degli obblighi di gestione del rischio richiesti dalla normativa.
Ma in caso di sinistro, la differenza tra una copertura generica e una progettata sulla reale esposizione della struttura può significare il tracollo.
A questo si aggiunge un altro aspetto spesso trascurato: l’effettiva organizzazione interna per il governo del rischio. La Legge Gelli-Bianco prevede che ogni struttura, per essere considerata “in regola”, debba disporre di un sistema di gestione del rischio clinico. Questo include, tra le altre cose, la presenza di figure specializzate – medico legale, avvocato, perito, risk manager – incaricate di monitorare, analizzare e prevenire gli eventi avversi.
Queste non sono formalità. Sono segnali tangibili che la struttura prende sul serio la sicurezza delle cure e che può dimostrarlo, se chiamata a farlo davanti a un giudice. Perché oggi, non basta sostenere di aver agito secondo coscienza e professionalità: bisogna provarlo, con documentazione, protocolli, formazione registrata, e rispetto delle linee guida validate.
E attenzione: il paziente ha dieci anni per agire. Non cinque come per la responsabilità extracontrattuale (del professionista, se risponde direttamente). Ciò significa che un errore – o anche solo un dubbio – può riemergere a distanza di tempo, quando magari il medico non lavora più lì, o quando chi gestiva il poliambulatorio è cambiato. Ma la struttura resta. E con essa, la responsabilità.
In questo contesto, la copertura assicurativa non è più un optional da aggiornare una volta l’anno con l’intermediario. È un asset strategico. Va valutata con attenzione, verificando che rispetti i requisiti minimi fissati dal decreto attuativo del 2023: massimali congrui, sistemi di bonus-malus, inopponibilità delle eccezioni al paziente, e – in caso di autoassicurazione (si intende la scelta della struttura sanitaria di non stipulare una polizza assicurativa con un ente esterno, ma di accantonare direttamente fondi propri per coprire eventuali danni) – fondi certificati e strutture interne adeguate.
Un esempio pratico: immaginiamo un poliambulatorio con cinque medici, tre dipendenti e due collaboratori. Uno di loro compie un errore diagnostico che porta a un ritardo di cura. Il paziente subisce un danno permanente. La famiglia agisce. La responsabilità è della struttura. Se la copertura non è adeguata o se i fondi di autoassicurazione non sono stati predisposti correttamente, la struttura rischia di dover affrontare direttamente un contenzioso potenzialmente milionario.
Ma non è solo questione di denaro. È anche una questione di fiducia, reputazione, e serenità di chi lavora. Un ambiente sanitario in cui si sa che tutto è stato pensato per prevenire il rischio – e non solo per reagire – è un ambiente più stabile, più sicuro, più professionale.
Chi guida un poliambulatorio oggi ha una responsabilità che va ben oltre la gestione quotidiana: ha il compito di costruire un sistema che protegga tutti, pazienti e operatori compresi. E questo sistema parte da una domanda semplice: siamo davvero pronti, oggi, a sostenere il peso di un evento avverso?
Obblighi, coperture e documentazione: la guida essenziale per chi dirige un poliambulatorio
Uno degli aspetti più concreti – e spesso sottovalutati – della Legge Gelli-Bianco riguarda i requisiti assicurativi. Con il D.M. 232/2023, è stato finalmente chiarito cosa si intende per “copertura adeguata”. Non si tratta semplicemente di avere una polizza attiva, ma di stipulare contratti con massimali specifici (fino a 5 milioni per sinistro, secondo l’attività svolta), prevedere un sistema di gestione dei sinistri interno alla struttura, e garantire l’inopponibilità delle clausole contrattuali al paziente danneggiato.
In caso di autoassicurazione la struttura deve istituire due fondi certificati – uno per i rischi potenziali e uno per i sinistri già attivi – validati da un revisore legale. È inoltre obbligatoria la presenza di un’unità dedicata alla valutazione dei rischi, composta da figure professionali ben definite. In assenza di questi requisiti, si rischia non solo una scopertura assicurativa, ma anche l’invalidazione del sistema di difesa in sede giudiziale.
Chi gestisce un poliambulatorio oggi non può più limitarsi a “sperare che vada tutto bene”. Non perché viviamo in un’epoca più litigiosa o perché la medicina sia diventata più rischiosa, ma perché le regole sono cambiate. E con esse, sono cambiate le aspettative – legali, etiche, operative – verso chi assume la responsabilità di offrire cure in un contesto organizzato.
La Legge Gelli-Bianco ha chiarito che la responsabilità non è più, se mai lo è stata, un tema individuale. È una responsabilità di sistema. E quel sistema – persone, processi, coperture – oggi ha il volto del poliambulatorio. Chi guida queste realtà ha il compito di decidere come affrontare questa sfida: con un approccio passivo e difensivo, o con una visione attiva, che mette al centro la prevenzione e la protezione.
Non servono supereroi. Serve consapevolezza. Serve sapere di cosa si è responsabili, cosa si rischia e cosa si può fare – concretamente – per mettere in sicurezza la propria struttura e le persone che ci lavorano ogni giorno.
Se oggi ti stai chiedendo se sei davvero protetto, questa è già una buona notizia: è il segnale che sei pronto a guardare al rischio in modo nuovo. E spesso, basta iniziare a farsi le domande giuste per trovare anche le risposte più utili.
In un contesto normativo in continua evoluzione, avere un punto di riferimento affidabile può aiutare a prendere decisioni più consapevoli. Le soluzioni esistono, spesso serve solo il tempo – e il confronto – per individuarle.










